Immateria
28 Agosto - 6 Ottobre 2019
'Immateria' by Antonio Sarnari
Ilde BARONE Maria BUEMI Simone GERACI Federica GISANA Corrado IOZZIA Stefania ORRÙ Ettore PINELLI Cetty PREVITERA Francesco RINZIVILLO Federico SEVERINO Valerio VALINO Giovanni VIOLA Veronica ZAMBELLI
Quam Scicli 28 August - 6 October 2019
Mixed Technical Organization
Partner Avv. Riccardo Schininà
Sponsor Gaetano Spoto
MediaLive Press Office
Organizational Secretary Martina Alecci, Mattia Virdieri
Photo Franco Noto
Quam Scicli via Francesco Mormino Penna 79
info 0932 931154 info@quamarte.com
From Tuesday to Saturday 10.00-13.00 / 17.00-21.00
La sottile linea che separa l’idea dall’opera finita è a volte un mondo complesso e incomprensibile. La critica si arrovella ogni volta nello studio dei passaggi che portano l’autore a definire arte il proprio lavoro, e ancor più nel collegarlo alle parole che lo stesso autore usa per parlarne. È dato che un artista non è sempre capace di spigare la propria ricerca, così come la critica, tante volte, pecca di narrazione estetica, quando non è in grado di andare a fondo, e comprendere i linguaggi di traduzione.
Comprendere le nuove relazioni che un’opera propone, ovvero comprendere l’innovazione di un linguaggio, è cosa difficile, proprio perché si deve essere in grado, come l’artista, di abbandonare porti sicuri e inoltrarsi nell’indefinito, per pescare riferimenti e rimandi astratti, per poi leggerne le conseguenzialità.
Valerio Valino ha portato in mostra, accanto al suo lavoro, una bellissima frase di Alan Wilson Watts: "Ciò che a un dato livello appare come conflitto, su un piano più elevato è armonia". È interessante notare come un filosofo, che di lavoro specula le relazioni, abbia così chiaro un concetto che in arte, moderna e contemporanea incluse, non è trasversalmente condiviso.
Quando si osserva una ‘scena’ da una distanza maggiore, includendo aree limitrofe che si erano trascurate, questa mostra relazioni di ordine superiore, affinità e diversità di un ‘mondo più grande’. A volte le soluzioni di un problema, uno teoricamente irrisolvibile, sono poco oltre il confine; lo stesso nel quale ci siamo confinati, in genere per proteggerci dai problemi, paradossalmente. Mi viene a sostegno anche Francesco Rinzivillo, che ha annotato accanto alla sua opera una frase di Frank Stella: “What yuo see is what you see”. In fondo, anche se in maniera leggermente ideologica, Stella punta l’attenzione sulla capacità di vedere, prima ancora che sulla capacità di discernere, perché senza la prima non si hanno dati sufficienti per l’analisi. Quindi un confine si trasforma in una carenza di visione, dunque meno informazioni per capire. E dunque più elevato è il punto di vista, maggiore è la probabilità che la relazione scoperta sia universale, nello spazio e nel tempo. Per questo si usa spesso la parola ‘sintesi’ nella critica d’arte, per questo si dovrebbe parlare più spesso di ‘relazioni’; e per questo è fondamentale la ‘ricerca’ per un artista, per procedere oltre il confine. ‘Ricerca’, quando approda a scoperte rilevanti, significa ‘innovazione’ o semplicemente ‘novità’, che è un’altra parola frequente nel parlare di opere d’arte. Non si deve intendere novità nel senso di inedito, non visto, bensì “di ordine nuovo”. Solo una “relazione di ordine nuovo” può essere considerata un ‘novità’ rilevante in arte. A tal punto, che anche la stessa Pittura, appena dopo essere stata ‘nuova’, diventa storia, confine vecchio e ambito di ricerca per chi fa ‘narrazione’ e non ‘arte’. "Mi interessa della pittura ciò che potrebbe darle un significato diverso" dice infatti Victor Man, scelto da Federica Gisana per questo progetto.
Si può inoltre affermare che l’opera non sia altro che una testimonianza della scoperta fatta dall’autore, così come la mappa testimonia l’avventura di un grande navigatore, o un taglio sulla tela testimonia un’intuizione, unica e irripetibile. Irripetibile se non per dare spazio ai desideri di possesso, di un frammento di opera, o magari per certificare il proprio sostegno ad un grande avventuriero. Possesso anche solo nella vana speranza di comprarsi un posto in quella storia, o per ingannare gli amici sulla propria capacità di comprensione dell’opera e della scoperta che vi è dietro. “La pittura non serve che a prolungare, per gli altri, il ‘momento’ pittorico astratto, in una maniera visibile e tangibile” dice Yves Klein, scelto da Ilde Barone. “Momento pittorico astratto” significa atto ermeneutico di sintesi, non messaggio narrativo visivo, come suonano tanti fogliettini all’ingresso di pseudo eventi d’arte contemporanea; come se la parola ‘contemporanea’ giustificasse la suggestione al posto di una emozione, qualificasse linguaggio un semplice messaggio, autorizzasse un ideologo a definirsi artista. Molti sono tentati dalla narrazione, cosa ben più semplice da condividere, ancor più in un mondo sempre più ignorante e consumista, e finiscono per fare comunicazione di un’intenzione.
“Non sono l'illustrazione di un'idea” dice Anselm Kiefer riferimento in mostra per Corrado Iozzia, “ma al contrario è stata la loro realizzazione, a posteriori, ad avermi rivelato il concetto", come a dire che l’autore di una ricerca è uno strumento di tentativi e tentazioni, che solo dopo il viaggio può provare a definire quanto provato ed eventualmente scoperto. Non è certo un processo di produzione dunque quello del vero artista, ma di ‘sperimentazione’, altra parola frequente nel dizionario della critica d’arte.
‘Immateria’ è un progetto di indagine, come spesso accade alle Quam, in cui proviamo a tracciare delle linee di ordine superiore, ovvero tra linguaggi diversi e tra ricerche alternative. Proviamo a vedere delle nuove relazioni, perché queste potrebbero essere un linguaggio logico, proviamo a farlo mettendo nello stesso ‘insieme’ opere, autori, parole. Se non si scopre nulla di ordine superiore, sarà comunque una sperimentazione utile a chi osserva, per capire cosa e come l’autore già vede.
- Antonio Sarnari